Siamo arrivati all'ultimo degli 11 articoli de #ilmarketingèsemplice. Per completezza, ti ripropongo la carrellata in rigoroso ordine di pubblicazione: 1. "Inizia dal perchè" 2. "Brand positioning è avere coraggio" 3. "Da product-first a customer-first: quanto conta l'esperienza del cliente" 4. "Cosa ho imparato da Amazon e Poste Italiane (tratto da una MIA storia vera)" 5. "Crescere velocemente con il Growth Hacking" 6. "Il copywriting è un'arma straordinaria" 7. "Il potere dello storytelling" 8. "I social sono una promessa da mantenere" 9. "Up-selling e Cross-selling: questi sconosciuti" 10. "Fidelizzare è un'arte (che non s'impara sui libri)" L'obiettivo de "Il marketing è semplice" era, appunto, quello di trattare, attraverso degli esempi pratici, alcune strategie di marketing che ritengo siano indispensabili per qualsiasi azienda che abbia come obiettivo primario quello di essere competitiva nel proprio mercato di riferimento. Il filo conduttore era rappresentato dalla creazione del valore del brand, partendo dal "perchè" e da una chiara USP rivolta uno specifico mercato e cliente di riferimento, conditio sine qua non fondamentale prima di attuare qualsiasi tecnica o strategia volta alla vendita o alla promozione di un prodotto un servizio. Tali investimenti potrebbero rivelarsi completamente inutili. Il brand viene prima, il resto viene subito dopo. Senza brand non ha senso fare marketing, senza marketing non si può far crescere un brand. Creare valore è un percorso lento e richiede coerenza, longevità, affidabilità, passione e empatia. Fatta questa premessa, è doveroso specificare (e andiamo al succo dell'articolo) che un marketing senza analisi, valutazione e ricerca non è destinato a crescere. I numeri, intesi come indicatori delle performance (KPI per quelli bravi) e delle attività, diventano la parte primaria per analizzare le azioni effettuate e gli investimenti in termini di promozione, pubblicità e sviluppo del brand. Il marketing è fatto di numeri, ma i numeri non sono tutto (poi vedremo perchè). Il Growth Hacking (un'utilissima tecnica molto diffusa nella Silicon Valley, ma ultimamente anche in Italia) ce lo insegna, basandosi principalmente su: analisi dei dati, idee, priorità e test. La crescita costante è l'unico obiettivo. Grazie agli insight, frutto di sistemi di intelligenza artificiale, Machine Learning e Big Data, è possibile segmentare i clienti e attuare strategie di personalizzazione, di targeting e re-targeting, analizzare il processo di acquisto, monitorare il comportamento durante la navigazione, gestire l'intero processo di acquisizione di un cliente e via dicendo. Non si può crescere senza analizzare, testare e sperimentare. Le aziende prescindono da questo processo e non per nulla i Data Analyst, Data Scientist e i Growth Hacker attualmente sono tra le figure più ricercate. Ma perchè i numeri non sono tutto? Perchè un indicatore fornisce un dato, ma spesso non la reale motivazione e la causa-effetto. E' vero che la figura preposta ha l'obiettivo di interpretarli a capire perchè non funzionano alcune features, perchè non vengono apprezzati alcuni prodotti o alcune campagne ecc. Ma non tutto può essere realmente misurato. Gli small data, come sostiene appunto Martin Lindstrom, sono più importanti e spesso più efficaci dei big data. Per small data s'intende sostanzialmente il parere diretto delle persone, attraverso focus group, sondaggi o ancora meglio attraverso testimonianze vere o recensioni. Il limite della tecnologia, in tema di dati, è legato al fatto che molte scelte che compiamo sono irrazionali e, quindi, nonostante ci siano sistemi tecnologici avanzatissimi, non è sempre possibile avere una chiara spiegazione razionale di alcune scelte e del comportamento di acquisto dei consumatori. Ecco perchè il brand torna sempre ad essere al centro: le nostre scelte dipendono da emozioni, empatia, propensione e fedeltà verso un marchio o uno status e dalla fiducia che poniamo verso determinate aziende. Se siamo davanti ad uno scaffale al supermercato e abbiamo la Nutella o decine di creme di nocciole, anche di ottima qualità (vedi Rigoni), quale compreremo? Quella che ci ricorda la nostra infanzia e scatena in noi delle emozioni interiori. Il brand che ci sembra il più familiare, e affidabile, possibile. Ci affezioniamo ai brand e spesso non cambiamo perché fanno parte delle nostre abitudini e non necessariamente perché siano oggettivamente i migliori sul mercato. Magari lo sono solo per noi, ma rimane una nostra visione. C’è poca oggettività in quello che acquistiamo o apprezziamo. Ecco perché i numeri sono importanti, ma non sono tutto. Il feedback delle persone è il metro di giudizio, che ancora oggi nonostante l’avanzamento tecnologico, risulta essere il più semplice, diretto ed efficace in assoluto. Buon marketing! Vuoi leggere altre news del blog? Clicca qui Sono un "cazzeggiatore" professionista su Linkedin, da poco trentunenne, interista credente e da calabrese (testardo) purosangue sono un amante del mare. Odio con tutto il cuore il piccante, la 'nduja, la cipolla e l'aglio. |