Settimo articolo de #ilmarketingèsemplice. Come sempre i precedenti li puoi consultare all'interno del blog. Qualora non avessi letto l'ultimo sul copywriting, ti consiglio di fare un salto e poi ritornare qui. Perchè sono arrivato a parlare di storytelling? Se hai potuto dare un'occhiata alla carrellata degli articoli che ho pubblicato nelle ultime sei settimane, ti sarai accorto che sto affrontando varie tematiche differenti tra loro, accomunate però da un filo conduttore. Sono partito, appunto, dai principi primordiali del marketing e ho cercato di esporli in maniera semplice fornendo esempi pratici e appropriati ad ogni tipo di tematica. Dal Brand Positioning, all'acquisizione e alla fidelizzazione dei clienti attraverso l'utilizzo di nuovi approcci e metodi come il Growth Hacking, all'importanza della Customer Experience, fino ad arrivare a come catturare l'attenzione e il cuore delle persone. Quello che vedremo oggi. Ecco, perché è così importante far emozionare le persone? “Le persone non comprano prodotti o servizi, ma relazioni, storie e magia”. Seth Godin Ti riporterò due esempi di aziende che raccontano la loro storia, i loro valori e la loro identità. Il Brand marketing rende magici "Il brand marketing rende magici; il direct marketing fa squillare il telefono". E' una frase che adoro di Seth Godin, dal libro "Questo è il marketing", che ho recensito qui. Un libro bellissimo che evidenzia l'importanza di creare un brand orientato alla cultura e alle emozioni. Un marchio non indirizzato a tutti, ma solo ad un gruppo di persone, quello che lui definisce smallest viable market. La storia di un'azienda non può che essere unica. Il "perchè" è e deve essere altrettanto unico. Il primo obiettivo è quello di realizzare una storia che vale la pena raccontare. Per farlo serve saper coinvolgere, catturare l'attenzione e soprattutto emozionare. Tutte cose semplici da dire ma difficilissime da attuare. Nel libro "Made to stick", gli autori Chip e Dan Health hanno elaborato un concetto sintetizzato in una parola, S.U.C.C.E.S., per rappresentare come una storia può avere maggiore efficacia: - Simple: semplice, quindi identificando i fattori più appropriati e indicativi possibili; - Unexpected: inaspettata, bisogna sorprendere (coerentemente con il BP) in maniera positiva; - Concrete: concreta, dando l'idea che ciò che si racconta sia il più realistico possibile; - Credible: credibile, che sia perfettamente coerente; - Emotional: emozionale, che possa trasmettere sensazioni positive al pubblico; - Stories: storie, solo attraverso la narrazione si può arrivare direttamente alle persone. La narrazione, non solo ci coinvolge a livello comunicativo e visivo, ma soprattutto dal punto di vista cerebrale. Il nostro cervello attiva tutti i nostri sensi e ci permette di immergerci totalmente nel racconto. Basta guardare i bambini, a cui basta inventare qualcosa che improvvisamente focalizzano l'attenzione, s’incantano e iniziano a spaziare con l'immaginazione. Le storie ci permettono di sognare e di identificarci in qualcosa Se penso allo storytelling in senso stretto mi viene sempre in mente Federico Buffa, una delle poche persone al mondo capaci di rapirti raccontando qualsiasi cosa. Qui, però, parliamo di corporate storytelling e di come le aziende possono utilizzare le storie per costruire la Brand Identity e non di grandi oratori. Quali sono i valori che condividi? Quali sono le tue origini? Chi sono le persone che fanno parte della tua realtà? Come vuoi cambiare il mondo? Qual è il tuo scopo? Cosa dai di unico ai tuoi clienti che gli altri non danno? Questo sono solo alcune domande che devi porti prima di raccontare chi sei. Bisogna sempre considerare che non "tutti" sono interessati alla tua storia. Devi farlo tenendo presente qual è il tuo target, chi sono i tuoi veri fan, quali sono i loro gusti. Solo dopo che conosci davvero il tuo cliente tipo puoi farlo innamorare del brand. Come sempre faccio un esempio pratico, anzi due. Partiamo da un brand italiano. Avrei potuto citare multinazionali arcinote come Nike (grande esempio di storytelling), o di Apple parlando del garage che tanto ha fatto diventare celebre Steve Jobs. È più famoso il garage di Apple stessa. Direi basta. Ci sono vari esempi di bellissime realtà che incantano con lo storytelling: Redbull, Adidas, Lego e via dicendo. Avrei potuto riportarne a decine, invece voglio parlare di una realtà spiccatamente made in Italy e a conduzione familiare. Un'azienda molto nota nel settore sportivo. Il secondo è esempio è un brand americano, contraddistinto da una forte connotazione legata allo sport estremo e outdoor. Errea: tradizione, famiglia, qualità e made in Italy Se sei un calciofilo (come me), o anche solo uno sportivo, saprai subito che Errea è l'attuale sponsor tecnico del Parma calcio e non solo, anche di diverse società di vari sport. Cosa vuol dire Errea? Il nome dell'azienda ha un forte significato affettivo: "Erre", sta per la R di Roberto, figlio dei titolari e la "A" finale per la prima lettera di Annalisa, la seconda figlia di Rosanna Fabbiani e Angelo Gandolfi, appunto i fondatori dell'azienda. Premetto che fino a qualche settimane fa non ero a conoscenza né del significato del nome, né della storia del brand. Come l'ho scoperto? Tramite un video che racconta le origini di Errea, che vede protagonista la famiglia Gandolfi. Rivelano come è nata Errea e come, oggi, stanno investendo e lavorando duro per rendere il brand sempre più conosciuto in tutto il mondo, allargandosi ad altri sport oltre al settore calcistico. Sappi che sono venuto a conoscenza del video quasi per caso sui social, se non erro su Linkedin, e attirato decisi di guardarlo. Scelta azzeccata. Devo ammettere che mi ha emozionato e mi ha trasmesso i valori, il sacrificio di chi ha investito anima e cuore per l'azienda, l'amore per il proprio lavoro, l'attenzione alla qualità e la tradizione di un'azienda a conduzione spiccatamente familiare. Questo video ritengo rappresenti perfettamente l'autenticità e la trasparenza di un marchio che ancora oggi sta mantenendo coerentemente il cammino intrapreso nel 1988, ovvero di portare avanti la tradizione e la qualità della manifattura italiana. Adesso non voglio condizionarti ancora e ti lascio alla visione. Non dura neanche 9 minuti, quindi ti consiglio di guardalo tutto. Patagonia: un brand come un filosofia di vita Un brand unico, che ha fatto della comunità, o meglio ancora, dire quasi di una tribù, i loro clienti. Si chiama Patagonia ed è un marchio sportivo outdoor proveniente dagli Stati Uniti. Il marchio è nato perchè Yvon Chouinard, colui che lo ha fondato nel 1970, da appassionato arrampicatore notò che le attrezzature dell'epoca non erano così performanti, così decise di produrle autonomamente. Divenne il maggior produttore dell'epoca. Successivamente si rese conto che anche l'abbigliamento era una prerogativa fondamentale per chi scalava. Così ha creato una linea di abbigliamento con colori sgargianti, dal tessuto tecnico e di altissima qualità. Chi indossa Patagonia lo fa con grande fierezza. E' uno status symbol, un modo di vivere la vita a contatto con la natura. La missione è sempre stata: "Realizzare il prodotto migliore, non provocare danni inutili, utilizzare il business per ispirare e implementare soluzioni per la crisi ambientale”. Il loro marketing è incredibile e impattante, fortemente orientato alle storie e alle persone. Caratterizzato da una grande propensione al fattore umano, allo sposare cause ambientali, al mettere in risalto la qualità e la longevità dei loro materiali. La loro naturale capacità di sfruttare l'arte dello storytelling è così radicata che hanno addirittura creato un film, che rappresenta il marchio, i loro prodotti, i loro clienti (o meglio fan) e la lo storia. Lo puoi guardare qui in fondo all'articolo. Lo storytelling, oggi, si fa sui social. Vero? Ma le aziende sfruttano appieno i social per raccontarsi e per attirare nuovi clienti o semplicemente per fare engagement? Siamo sicuri che basti davvero esserci e aprire un profilo aziendale per poter lasciare il segno? Lo vedremo nel prossimo articolo: "I social sono una promessa da mantenere". Chi ha letto questo articolo ha consultato anche: |