Siamo al quinto appuntamento de #ilmarketingèsemplice. Dalla storia del precedente articolo, torniamo ad approfondire un altro concetto legato al marketing, e non solo. Il Growth Hacking coinvolge vari reparti di un'azienda: dal prodotto, al design, allo sviluppo, al marketing, fino al commerciale. La crescita avviene se i team sono allineati e collaborano per massimizzare la soddisfazione dei clienti. La foto che ho creato è particolarmente indicativa. Le radici rappresentano le basi solide di un progetto e l'insieme dei diversi dipartimenti che contribuiscono costantemente, in modo congiunto, alla crescita dell'azienda. Quello che emerge è il successo finale, ma rappresenta il risultato di un percorso vincente. "Growth is never by mere chance; it is the result of forces working together" James Cash Penney Ho deciso di parlare di questo argomento e di integrarlo in questa carrellata di articoli perché rappresenta un mindset aziendale che può davvero fare la differenza in realtà medio-piccole o in startup in rampa di lancio, ma anche in multinazionali. Aziende come Facebook, Linkedin, ma anche molte altre hanno creato un team interno per la crescita. Il tema è di sicuro interesse e per approfondirlo ti consiglio di leggere "Growth Hacking Marketing" di Sean Ellis, recensito qui. In Italia sta crescendo anche grazie al contributo di vari esperti, tra i quali Giacomo Arcaro e Raffaele Gaito, quest'ultimo ha anche scritto un libro dal titolo: “Growth hacker: mindset e strumenti per far crescere il tuo business". Il Growth Hacking non è solo un modello, ma un mindset aziendale Come detto, è limitativo dire che il Growth Hacking sia solo un insieme di strategie marketing, perché di fatto rappresenta il risultato di un processo globale aziendale che comprende varie tipologie di figure con competenze specifiche: analitiche, creative, di marketing, organizzative e informatiche. Prima di approfondire il discorso, ti anticipo che tecniche di Growth Hacking sono state utilizzate da aziende come Dropbox, Paypal, Uber, Facebook, Quora, Twitter, Linkedin e via dicendo. Hanno attuato delle semplici strategie (dopo vari test, esperimenti e fallimenti vari) che hanno reso queste realtà milionarie e hanno contribuito alla crescita esponenziale a livello mondiale. Il fautore di questo concetto, già ampiamente noto in America, e da qualche anno anche in Italia, è appunto Sean Ellis. Nella Silicon Valley il Growth Hacking è uno dei modelli più utilizzati per far esplodere un business in maniera veloce o per testare la fattibilità di una startup senza grossi rischi o investimenti iniziali. Dirai: e come? Lo vedremo tra poco. Perchè il Growth Hacker (in realtà spesso può rappresentare un vero e proprio un team per la crescita: ovvero più figure con competenze diverse) ha come unico obiettivo la crescita, attraverso l’analisi dei dati, le idee, le priorità e i test, fasi cruciali di un processo costante come si può vedere dall’immagine qui sotto. Obiettivo: rendere l'esperienza di acquisto facile, veloce e intuibile Questo motore continuo può permettere alle aziende di testare nuove idee, sperimentarle e verificarne i risultati in maniera scientifica. Motivo per cui il team della crescita è formato da: data analyst, ingegneri, designer, product manager e da un responsabile marketing. Il procedimento del Growth Hacking. Fonte libro "Growth Hacking marketing" di Sean Ellis e Morgan Brown Si tratta, quindi, di tecniche messe a punto dal team che permettono all’azienda di analizzare, modificare, accelerare e moltiplicare determinate aree che si desidera potenziare, che possono variare in base al tipo di obiettivo. Qualche esempio pratico:
Come farlo? Sperimentando, testando e mappando in maniera scientifica il comportamento dei visitatori o dei clienti durante l'esperienza di navigazione o, meglio, di acquisto. L'obiettivo finale deve essere sempre quello rendere l'esperienza facile, intuibile, in poche parole: user friendly. Il Data Analyst ha proprio il compito di creare un report di conversioni, comportamenti e abbandoni durante l'utilizzo di un servizio. Ovviamente nel caso si tratti di siti online o piattaforme. C'è da dire che spesso anche i numeri sono limitanti e una delle strategie del Growth Hacking è di creare di sondaggi destinati agli utenti, con l'obiettivo di porre domande legate ad eventuali problemi legati alla navigazione (perchè abbandonano al checkout, perchè non optano per l'upgrade o perchè non utilizzano determinate features e via dicendo). Un'altra caratteristica che può agevolare potenziali clienti a scegliere un prodotto, che io ho apprezzato particolarmente, è quella di ribaltare il funnel: indurre i visitatori ad utilizzare il prodotto o il servizio (quello che Sean Ellis chiama il momento AHA!) prima ancora che si registri, permettendo di scoprire nell'immediato la praticità del servizio. Da alcuni test è emerso che le conversioni aumentano in maniera esponenziale. Dropbox: sperimentare vuol dire scoprire il bisogno Per assurdo, alcune aziende, grazie a varie sperimentazioni hanno scoperto l'importanza di alcune features del servizio, solo dopo aver monitorato il comportamento degli utenti, diversamente da quanto si pensava inizialmente. E' il caso del team di Dropbox, che dopo vari test ha scoperto che gli utenti era più interessati alla facilità nel condividere file e foto con gli amici, piuttosto che sfruttare lo storage. Non l'avrebbero mai scoperto senza quegli esperimenti. Potrei farti altri esempi, ma li riporterò nella recensione del libro. Dal Growth Hacking, quindi dopo aver attuato strategie legate alla crescita, passiamo ad un'altra tecnica che permette di convertire i visitatori in clienti: il copywriting. Non a caso parlerò del Copy, solo dopo aver affrontato il "perchè" un'azienda dovrebbe esistere e aver approfondito il tema del Brand Positioning. Il motivo lo capirai appunto nel prossimo articolo: "Il copywriting è un'arma straordinaria", ma aggiungo: che non fa miracoli. Non scappare! Se ti è piaciuto condividi l'articolo :) Chi ha letto questo articolo ha consultato anche: |