Siamo all’ottavo articolo de #ilmarketingèsemplice: “I social sono una promessa da mantenere”. Ma facciamo un passo indietro. Gli ultimi due articoli riguardavano il copy e lo storytelling, due strumenti efficacissimi (se sfruttati bene) per aumentare le conversioni attraverso il primo e per alimentare la propria Brand reputation e Brand awareness con il secondo. Entrambe le azioni che vengono veicolate tramite i social media (o anche tramite altri canali come le newsletter), piattaforme che oggi rappresentano per molte aziende uno dei principali mezzi di comunicazione, di condivisione e di interazione con la propria community. Senza dimenticare, ovviamente i mezzi tradizionali, tv e via dicendo. Ma non è questo il punto. Andiamo subito ad analizzare i dati su come le aziende utilizzano i social media in Italia. Secondo un report del 2018 di Hootsuite (https://hootsuite.com/it/risorse/barometer-2018-global), ben il 99% delle aziende italiane intervistate (su un campione totale di più di 9.000 aziende in 19 paesi) sono presenti su Facebook e ben l’86% lo ritengono fondamentale ai fini della loro sopravvivenza. Come si può notare, appunto, dalla foto qui in basso, sono in ascesa Instagram (soprattutto adesso grazie all’e-commerce) e Linkedin, luogo ideale per il B2B, attualmente in rampa di lancio. E’ fuori dubbio, oramai, che i social newtork siano parte fondamentale della strategia di comunicazione di (quasi) tutte le aziende. Non è certamente una novità. Un’efficace e assidua presenza determina un incremento dei seguenti fattori:
Forse si potrebbe continuare all’infinito, ma ogni azienda ha i propri obiettivi e l’approccio corretto in base al posizionamento del brand. Ma dove voglio arrivare? Vado subito al dunque. Esserci e basta è un boomerang, avere una strategia è essenziale La domanda che dovremmo porci non è: “Perché non dovrei esserci?”, ma “Qual è la mia strategia, il mio piano di azione e soprattutto quali sono i miei obiettivi?”. Il grandissimo errore che le aziende commettono è quello di aprire la pagina aziendale su Facebook e lasciarla incustodita in eterno, sperando che un giorno qualche povero sventurato possa inviare un messaggio per richiedere informazioni sui prodotti o servizi. Visto che è semplice decidono di aprire anche la pagina ufficiale su Instagram, perché non si può non esser presenti nel social che più utilizzando al mondo. Così possono dire: “Siamo ufficialmente su Facebook e Instragram!”, e poi l’ultimo post risale ad aprile 2016 con la modifica della prima immagine di copertina. La fanno gestire al figlio, che di internet se ne intende, e il gioco è fatto. Il problema principale è che tantissime aziende non hanno né una strategia e un budget da destinare, né tempo (e voglia) per gestirli in maniera professionale e continua, ma soprattutto non hanno le competenze tecniche (o meglio, una figura dedicata e formata) che possa definire una chiara strategia online. Ci sono evidenti lacune alla radice. Senza i presupposti citati sopra, sarebbe meglio non aprire neanche una pagina, altrimenti si ha un effetto boomerang. Quanti di noi, quando cercano un’azienda, un ristorante, un’attività, digitano il nome su Facebook, Linkedin e Instagram? Credo quasi tutti. Tramite questa ricerca ci facciamo un’idea sul tipo di approccio e su come l’azienda si presenta. E’ un biglietto da visita che oggi fa la differenza. I più attenti valutano anche cosa comunica l’azienda, ma soprattutto come lo fa. Il brand positioning è la base di ogni social strategy Una presenza costante sui social presuppone, però, una continuità di contenuti (se validi), un piano editoriale e una coerenza nella pubblicazione di contenuti in linea con il posizionamento del marchio. L’ultima frase non è a caso: coerenza nella pubblicazione di contenuti in linea con il posizionamento del marchio. Personalmente apprezzo e seguo con particolare interesse il modo di comunicare di Ikea. Ogni post o contenuto visivo è sempre in linea con il focus brand, essendo sempre incentrato sulla vendita e sul dare visibilità a specifici prodotti. Ikea è anche brava a saper combinare in ogni campagna creatività ed efficacia commerciale. La pubblicità non deve essere solo creativa, ma deve vendere, coerentemente con il proprio posizionamento. L’ultima campagna, appunto, chiamata Real Life, è stata lanciata per mettere in risalto il concetto di famiglia (in linea con il focus brand) attraverso la pubblicazione di soggiorni molti noti: quello dei Simpson, quello del noto telefilm Strangers Things e ultimo quello di Friends. Li riporto qui sotto. Come potrai notare è chiara la sovrapposizione tra il "non reale" dei telefilm e la rappresentazione del "reale", ovvero la perfetta collocazione dei prodotti Ikea in tre contesti ai noi familiari, seppur siano frutto della fantasia cinematografica. Il celebre soggiorno dei Simpson Il salotto di casa Byers di Stranger Things Il salotto di Monica Geller di Friends Volkswagen: "In the darkness, we found the light" Un'altra azienda che mi ha davvero stupito negli ultimi giorni e che ha utilizzato i social per ricostruire la credibilità del brand è Volkswagen. Ricordiamo tutti lo scandalo di qualche anno fa: Dieselgate. Si è scoperto che l'azienda tedesca truccava le emissioni dei veicoli diesel e che addirittura inquinavano fino a 40 volte il limite legalmente possibile. Pertanto l'azienda ha ammesso le sue colpe e pagato le conseguenze. Ma a distanza di quattro anni, ha pubblicato un video in cui annuncia ufficialmente il suo impegno nella produzione di veicoli elettrici. Un segnale importante dopo lo scandalo del 2015. Il testo del video è il seguente: "Every negative has a positive. Learn more about our all-electric vehicles and our plans to help make a better tomorrow at vw.com". Ecco il video. E' la conferma di quanto, oggi, i social rappresentino il più potente veicolo per costruire e rafforzare la credibilità di un brand. Purtroppo non tutti sono così bravi. L'instant marketing non rende le aziende milionarie Da qualche tempo va di moda l’instant marketing o il real time marketing. In poche parole, molte aziende cavalcano l’onda di un evento o di un caso che ha fatto scalpore, creando un post legato al proprio brand. La maggior parte delle volte è forzato e l’unico scopo è quello di creare engagement e non di rafforzare il proprio posizionamento. Alcune aziende lo fanno anche con criterio, ovvero in linea con il proprio brand positioning, altre invece abusano di questa strategia solo per creare un forte engagement, che non vuol dire generare vendite e conversioni. Visibilità non vuol si traduce sempre guadagno, i “mi piace” non si trasformano magicamente in euro e il “purchè se ne parli” non funziona sempre, perché spesso può essere un autogol. La creatività (fine a sé stessa) fa notizia e attira, ma non per forza implica un incremento del fatturato. Anzi, se pensata male può fare dei danni incredibili (vedi Barilla con la campagna a favore delle famiglie tradizionali). Torniamo sempre alla radice: il brand positioning è la base anche di ogni strategia sui social network. Tutto il resto è roba che fa sorridere, ma che non sposta di un millimetro le sorti commerciali di un’azienda. Ecco perché i social sono una promessa da mantenere: esserci e farlo nella maniera corretta in modo assiduo è diventato necessario, ma se avere una presenza implica creare post su Mark Caltagirone, giusto perchè ne parlano tutti, ripensateci subito. Passiamo al prossimo articolo, in cui parlerò di due strategie che poche aziende attuano, ma che rappresentano un valore aggiunto che può sbaragliare la concorrenza: up-selling e cross-selling. Chi ha letto questo articolo ha consultato anche: |