L’ottimismo è una strategia per un futuro migliore. Perché se non credi che il futuro possa essere migliore è improbabile che tu ti faccia avanti e ti assuma la responsabilità di cambiare le cose. Se dai per scontato che non c’è speranza, ti garantisci che non ci sarà speranza. Se invece pensi che ci sia una spinta istintiva alla libertà, c’è la possibilità di cambiare le cose e che tu contribuisca a migliorare il mondo. La scelta è tua. Noam Chomsky su Internazionale, gennaio 2020. Un paio di articoli fa ho già parlato di quali possono essere i quattro approcci a questo periodo: il pessimista, l'ottimista, il realista e l'opportunista (trovi l'articolo in fondo). Probabilmente ci si può anche trovare a metà tra uno e l'altro, ma sostanzialmente si è più inclini ad uno dei quattro. Come persone abbiamo un'occasione unica per riflettere. Quello trascorso è un periodo prezioso per dare un senso a tante cose: a noi stessi, al valore degli affetti, al nostro lavoro e alla tecnologia, ai problemi, alle cose, al mondo circostante ecc. Ne ho parlato qui: "Dare un senso ad un mondo caotico"). Ma acquisita questa consapevolezza (diamola per scontata), è arrivato il momento di tirare le somme e di reagire. Cosa abbiamo fatto fino ad oggi? Qual è stato il nostro approccio? Siamo pronti per affrontare questa battaglia? Siamo solo all'inizio. Che persona abbiamo (ri)scoperto essere? Affrontare tutto con sano ottimismo. Più saremo ottimisti (e realisti) e meno subiremo le conseguenze del cambiamento, dal punto di vista mentale e non solo. Perché saremo più formati, temprati e propositivi. Nonostante tutto, aggiungo. Significa che abbiamo preso coscienza della gravità della situazione e abbiamo deciso di gestirla con estrema lucidità e controllo. Stando fermi ad aspettare o a piangersi addosso, di certo non cambia nulla. Anzi, i danni potrebbero essere peggiori. Rita Levi Montalcini diceva tanti anni fa: "La vita è un'esperienza unica di straordinaria importanza che dovrebbe essere vissuta in profondità traendo da questa gli elementi positivi, anche se questi al momento nel quale sono vissuti non appaiono come tali. Le difficoltà e gli intralci, di qualunque natura essi siano, possono incidere favorevolmente nelle scelte e nel decorso della vita…Di non minore importanza, è la capacità di affrontare la vita con ottimismo e fiducia nel prossimo, anche se bisogna riconoscere che questa fiducia è messa, molte volte, a dura prova». Da qui il concetto di resilienza. A sostegno di quanto detto, proprio su questo tema, ci tengo sempre a riportare uno studio. Da un'indagine del CNR ("Mutamenti sociali in atto-COVID-19") su 140.000 italiani provenienti da tutta Italia, sono emersi dei dati interessanti proprio in relazione alla differenza di approccio - in questo periodo storico - tra uomo e donna, in relazione all'età e addirittura alla regione di riferimento. Gli indicatori su cui è stato basato questo studio erano sostanzialmente due: “orientato al problema” e “focalizzato su emozioni positive”. Riassumo i dati più rilevanti: 1. Si evidenzia una complessiva capacità di resilienza maggiormente focalizzata sulle emozioni positive (0,56) e un po’ meno orientata al compito (0,40); 2. I punteggi di resilienza mostrano che gli uomini hanno un focus migliore sulle emozioni positive (0,65 contro lo 0,47 delle donne). Le donne al contrario, hanno un migliore orientamento al problema (0,42 contro lo 0,38 degli uomini). 3. I punteggi mostrano che la resilienza cresce con il crescere dell’età. In particolare le persone più adulte si focalizzano sulle emozioni positive (0,71) rispetto alle persone più giovani (0,42). Mentre sono le persone di età compresa tra i 50 e i 69 anni che sono maggiormente orientate al problema (0,44). 4. Chi ha un livello di istruzione alto mostra punteggi maggiori rispetto a chi ha un livello medio basso sia per quanto riguarda il focus sulle emozioni positive sia sull’orientamento al problema. 5. Relativamente alle emozioni positive, il Nord ha il punteggio più alto (0,61), mentre il Mezzogiorno il più basso (0,49). Come si può notare, quindi, la resilienza - accompagnata da emozioni positive e un forte orientamento al problema - aumenta con il crescere dell'età, del livello d'istruzione e della regione di appartenenza. Apprendere nuove competenze. Questa fase è un'occasione unica per tutti noi, appunto, per aggiornare o apprendere nuove competenze, utili per la ripartenza e per la sopravvivenza. Senza accorgercene in queste settimane abbiamo fatto passi da gigante (e siamo ancora all'inizio) da un punto di vista tecnologico. Non tanto per l'uso di chissà quali strumenti, ma in quanto ad elasticità mentale nell'uso della tecnologia e dei servizi online nel quotidiano. Abbiamo assistito a cambi epocali di abitudini che avrebbero richiesto anni. Soprattutto per alcune fasce d'età o tipologie di persone che erano completamente avulse dalle dinamiche digitali. Dobbiamo, però, capire che passato questo periodo storico non basterà saper effettuare una videochiamata, ma adattare questi canali alle nostre reali esigenze personali e lavorative, al fine di migliorare e risolvere tanti problemi. La cultura digitale non deve essere uno slogan, ma deve divenire un'abitudine naturale, da allenare. Dobbiamo essere pronti per affrontare un nuovo modo di lavorare e di vivere, a maggior ragione in un primo momento di assestamento. Senza mai dimenticare che in un mondo sempre più tecnologico, essere umani è vitale. Non siamo dei robot che comunicano, ma persone che provano emozioni. La nostra la creatività, che ci contraddistingue dalle macchine, ci servirà come il pane. Ultimo non per importanza: aggrapparsi alla speranza. Non c'è alcun dubbio che la gran parte delle persone ne uscirà ferita - alcuni settori e persone accuseranno i danni più degli altri e le conseguenze saranno devastanti - da questa situazione. Sia da un punto di vista umano, per chi ha perso delle persone care o ha sofferto personalmente, ma anche da quello economico: tante aziende, attività e liberi professionisti sono - e saranno - in estrema difficoltà. Sicuramente questo aspetto si ripercuoterà per un tempo indeterminato. Siamo tutti consapevoli che dovremo fare tutti delle rinunce e che perderemo qualcosa in termini economici. Ma per concludere, riporto nuovamente un estratto della frase posta in alto: "Se dai per scontato che non c’è speranza, ti garantisci che non ci sarà speranza. Se invece pensi che ci sia una spinta istintiva alla libertà, c’è la possibilità di cambiare le cose e che tu contribuisca a migliorare il mondo. La scelta è tua." Noam Chomsky su Internazionale, gennaio 2020. Sperare in un futuro migliore non significa essere incoscienti o troppo ottimisti (lo confermano anche i dati riportati), ma decidere di affrontare la realtà con consapevolezza e coraggio, assumendosi tutte le responsabilità del caso. A tal punto che si è disposti (o costretti) a cambiare lavoro, modo di pensare, di agire e di vivere. In alcuni casi, si tratta di una vera e propria rivoluzione. Siamo pronti a - provare a - prosperare nel disordine? (neologismo di Nassim Taleb). Cosa vuoi fare adesso? Leggere l'articolo "C'era una volta...un virus". Leggere l'ultima recensione "Human-Centric Marketing". Curioso per natura, sportivo dalla nascita e testardo per origini. Leggo per crescere e per esplorare nuovi mondi. Amo il marketing, la vendita, il calcio e i viaggi. Adoro i Simpson e sono un divoratore di serie tv. Odio il piccante, la 'nduja, la cipolla e l'aglio. E per questo mi definiscono un calabrese atipico. |