Ripristineremo la normalità appena saremo sicuri di cosa sia in ogni caso il normale. Grazie. Douglas Adams Siamo ancora qui. Seppur in piena fase 2, siamo ancora sottoposti a regole e restrizioni, fondamentali per contenere la dispersione del virus. Da diverse settimane siamo oramai chiusi in casa (il nostro luogo sicuro) nel bel mezzo della primavera. Dalle nostre finestre osserviamo inermi il trascorrere di giornate incredibilmente soleggiate. Un clima che ci invita ad uscire, ma dobbiamo farlo ancora per lo stretto necessario. Questo non significa, però che non possiamo guardare quella luce con speranza, positività e con sano ottimismo. Nonostante tutto. Ne ho parlato qui. Ci stiamo tutti affacciando verso una "nuova" normalità. Due parole che ultimamente sentiamo troppo spesso insieme e che da qualche mese hanno cambiato la nostra concezione di routine, quindi ciò che per noi è (o era) consueto. Per i prossimi mesi, il concetto di normalità, sarà da aggiornare costantemente nel nostro vocabolario comune. Anche se, a dir la verità, il concetto di "normale" va prima definito. Secondo Treccani significa: "Carattere, condizione di ciò che è o si ritiene normale, cioè regolare e consueto, non eccezionale o casuale o patologico, con riferimento sia al modo di vivere, di agire, o allo stato di salute fisica o psichica, di un individuo, sia a manifestazioni e avvenimenti del mondo fisico, sia a situazioni (politiche, sociali, ecc.)." Normalità viene dal latino norma, ossia "squadra", da cui normalis = perpendicolare, retto. Nel linguaggio comune la normalità è sovrapponibile ai concetti di regolarità, esattezza, precisione ed ha come sinonimi: logico, giusto, corretto (Fonte Il Sole 24 ore, religione e società). Per cui rappresenta qualcosa di regolare e di preciso. Ma la vita ci ha insegnato che la "normalità", in realtà, è un concetto astratto, soggettivo e il cui significato può cambiare in base al contesto, al proprio pensiero, alla famiglia di provenienza e alle abitudini di ognuno Ma non solo. La normalità cambia di continente in continente, di Stato in Stato, anzi addirittura di regione in regione e, di conseguenza di persona in persona. La normalità è un fattore incredibilmente influenzato dall'aspetto culturale. Per cui, chi stabilisce che una cosa è normale? Dov'è scritto che un comportamento o un'azione è definita normale? Quali sono i confini tra il normale e l'anormale? Forse davvero questa "nuova" normalità ci ha uniformati. Ha reso i comportamenti simili in tutto il mondo: indossare la mascherina - i cinesi lo facevano da anni a causa degli alti livelli di smog - tutti attenti a rispettare distanze e regole, l'incertezza economica ha fatto emergere la nostra vulnerabilità e questo comporta, in molti casi, quasi un reset totale. Un livellamento globale delle abitudini, e chi più chi meno, si sta comportando in maniera ligia o un po' più flessibile, in base appunto anche alle differenze culturali di ogni Paese e alle disposizioni messe in atto dai Governi. Questo virus ci ha reso tutti uguali (un po' come la "livella" di Totò) e ha fatto emergere tutta la nostra vulnerabilità, per alcuni sconosciuta. Ha democratizzato le persone: proprio perché ha intaccato persone note, un Principe, autorità di ogni genere, medici, esponenti del Governo di tutto il mondo ecc. Figure intoccabili, invincibili e imbattili, si sono dovute ricredere. Il nuovo fa paura, ma volenti o nolenti dobbiamo affrontarlo. Tutti insieme. “La normalità è una strada asfaltata: è comoda per camminare, ma non vi crescono fiori.” Vincent van Gogh Questa frase mi piace perché è un grido di speranza a vedere il lato positivo di questa nuova normalità. Spesso a star fermi non succede nulla e non si esce mai dalla zona comfort. Con questo non voglio usare la parola opportunità, oramai abusata, ma questa "nuova normalità" potrà essere un modo per esplorare nuovi modi per vivere, per connetterci l'uno l'altro, per risolvere nuovi problemi, per acquistare e per pensare tutto in maniera più sostenibile: dal cibo alla mobilità. Chissà, sarò io un inguaribile ottimista ma dai dati emersi in queste settimane (che puoi trovare facilmente online) emerge una maggiore attenzione dei consumatori nell'acquistare beni primari (e pochi futili) e nel dare rilevanza alla sostenibilità e alla salute, acquistando prodotti a Km0, biologici - magari direttamente dal produttore locale o presso la bottega sotto casa - e realizzati da brand che fanno dell'etica un punto di forza. Il nuovo consumatore, forse anche grazie a questa situazione, probabilmente è più attento e competente di prima. Siamo un po' ritornati alle origini, dove il bisogno primario e i valori vengono prima di ogni altra cosa. In tal senso speriamo che questo aspetto diventi un'abitudine consolidata in tutti noi. Concludendo questa interpretazione della normalità dovremmo capire quanto durerà e cosa implicherà. Nessuno lo sa, ma mio modo di vedere, tre cose sono certe: 1. Non si può tornare indietro e tutto ciò che è stato fatto, nel bene e nel male, è la base per la ripartenza. La nostra mente ha già fatto un passo, forse anche quattro, fuori dalla propria comfort zone. 2. Abbiamo un dannato bisogno di una parte essenziale della "vecchia" normalità: di amici, della famiglia, di abbracci, sorrisi. Di vita. Ma quando lo riavremo al 100%? 3. La "straordinarietà" di quello che stiamo facendo adesso diventerà la "nuova" normalità, almeno per un po'. E ci abitueremo anche a questo. Riusciamo a vedere la luce in fondo al tunnel? Siamo pronti ad affrontare questa "nuova normalità"? Cosa vuoi fare adesso? Leggere l'articolo "Dare un senso ad un mondo caotico". Consultare i libri che ho letto nel 2020 (e in quarantena). Curioso per natura, sportivo dalla nascita e testardo per origini. Leggo per crescere e per esplorare nuovi mondi. Amo il marketing, la vendita, il calcio e i viaggi. Adoro i Simpson e sono un divoratore di serie tv. Odio il piccante, la 'nduja, la cipolla e l'aglio. E per questo mi definiscono un calabrese atipico. |