L’energia in eccesso che scaturisce dall’iperreazione di fronte a una difficoltà è ciò che permette di innovare. Nassim Taleb Futuro e passato in una foto: l'emblema della situazione che stiamo vivendo in queste settimane, e certamente, di ciò che rappresenterà il futuro prossimo di tutti noi. All'improvviso tutto si è capovolto: nipoti che insegnano ai nonni, figli che insegnano ai genitori (precisando che mi riferisco alle competenze e non alle lezioni di vita). Anche il titolo non è a caso. Partiamo da quello. Anno 1960: combattere l'analfabetismo in Italia "Non è mai troppo tardi" era un programma televisivo andato in onda sulla Rai dal 1960 al 1968 e tenuto da Alberto Manzi, Carlo Piantoni e Oreste Gasperini. L'obiettivo della trasmissione, sostenuta dal Ministero dalla Pubblica Istruzione, era di insegnare a leggere, scrivere e parlare la lingua italiana (Fonte: Rai Cultura). La televisione, in quanto mezzo di diffusione più potente a quei tempi, assieme a radio e giornali, rappresentava il metodo più veloce ed efficace per divulgare la cultura a tutti gli italiani. Per tale ragione, il programma veniva trasmesso dal lunedì al venerdì in orari serali, proprio per raggiungere il più alto numero possibile di telespettatori. La televisione, però, non era un "lusso" che potevano permettersi tutte le famiglie e per questo motivo molte persone ne approfittavano per andare a casa di parenti o amici, portando con sé una sedia. E le case degli italiani diventavano dei piccoli cinematografi: tutti insieme davanti ad uno schermo fino a tarda serata. Erano anni in cui gran parte della popolazione, reduce ancora dalle conseguenze del dopoguerra, pur avendo frequentato la scuola (anche se c'è da dire che molti non hanno terminato neanche le elementari) non era in grado né di leggere né di comunicare, se non nei rispettivi dialetti di provincia. In quegli anni si combatteva l'analfabetismo e lo si faceva con i mezzi, seppur limitati, a disposizione in quel momento storico. Si diffondeva cultura, partendo dalle basi. Perché questa premessa? Cosa c'entra con la situazione di oggi? Anno 2020: combattere l'analfabetismo digitale in Italia La vita è ciclica e, mai come oggi, siamo tornati nuovamente analfabeti, ma digitali. Eravamo analfabeti senza saperlo, o meglio non lo ammettevamo a noi stessi, pur avendo un accesso alla conoscenza illimitato. Tutto muta, tutto cambia e ciò che sapevamo ieri, peggio ancora l'altro ieri, è già obsoleto. Oggi, a causa dell'emergenza sanitaria del COVID-19, stiamo assistendo, volenti o nolenti, ad un nuovo mutamento. Potremmo dire una rivoluzione silenziosa, ma improvvisa. Quasi brutale. Mi riferisco all'avvento del digitale, delle nuove tecnologie e, quindi, dell'uso delle stesse. Ho utilizzato le stesse parole che ho riportato nell'articolo di inizio febbraio "Innovare o morire" (link alla fine dell'articolo), in cui ho riportato esempi di aziende internazionali che non hanno innovato e che hanno fallito, proprio per l'incapacità di innovarsi e di cambiare al momento giusto. Lo stesso vale per le singole persone. Tutti noi non siamo stati capaci di stare al passo coi tempi, pur avendone la possibilità e tutti gli strumenti per potenziare la nostra cultura digitale. Oggi, però, non c'è l'Alberto Manzi di turno che ci insegna come utilizzare le nuove tecnologie, come sfruttarle nella nostra vita quotidiana, nella nostra professione o semplicemente per rendere il mondo un posto migliore. Da adesso in poi dobbiamo farlo tutti noi in modo autonomo: come persone, professionisti, aziende e, in primis, devono farlo gli enti pubblici (ogni riferimento è puramente casuale). Nell'articolo citato precedentemente, ho anche scritto che siamo nell'era in cui ogni problema può essere risolto in frazioni di secondo: una ricerca istantanea su Google, un Whatsapp, una foto scattata con il cellulare, una condivisione sui social network che raggiunge centinaia, se non migliaia di persone, una videochiamata, un biglietto aereo acquistabile in pochi minuti, servizi a domicilio di qualunque tipo (spesa, farmaci, cibo ecc.). Molte persone, però, hanno preso coscienza di queste possibilità (e non solo) solo qualche settimana fa. Difatti, ci stiamo tutti adattando ad una vita sociale virtuale (ci auguriamo che finisca presto), a seguire un webinar per istruirci, ad organizzare riunioni con i colleghi e a provare e far provare emozioni tramite uno schermo. Ma andiamo nello specifico. Quanti fino a qualche settimana avevano mai effettuato un videochiamata per lavoro o per svago? Quanti, prima del COVID-19, hanno avuto il desiderio di vedere i propri cari tramite uno schermo? Quanti avevano optato per la spesa a domicilio? (+81% rispetto al 2019, secondo Nielsen) Quanti credevano fosse possibile ricevere farmaci a casa? Quanti hanno scoperto che è davvero possibile lavorare da casa mantenendo, o addirittura, migliorando le prestazioni? Quanti hanno capito che è possibile effettuare operazioni bancarie e postali online, senza andare in filiale? Quanti hanno risparmiato i soldi per benzina, o per biglietti di treni o degli aerei per meeting o appuntamenti, che (in alcuni casi) grazie alla tecnologia esistente avrebbero potuto fare gratis? Quanti hanno compreso che è possibile fare formazione online (seppur limitante per varie ragioni), persino agli studenti che frequentano la scuola, tramite applicazioni gratuite? La bella, ma anche brutta notizia, è che tutte queste azioni erano fattibili anche prima del COVID-19, ma semplicemente non tutti ne erano al corrente, o forse, non si sono mai posti il problema perché non ne trovavano la necessità o, peggio ancora, perché non avevano la pazienza per aggiornarsi e il coraggio di mettersi in gioco. Quando, invece, si è obbligati a trovare delle alternative di sopravvivenza, ci si adatta e si è disposti a qualunque cosa. Persino di imparare nuove competenze, sperimentare, studiare e trovare qualsiasi soluzione per risolvere un problema, che fino a quel momento era latente. Si può definire come una rivoluzione, quella digitale, alquanto forzata. Ma non è colpa né mia né tua, è colpa nostra. Come emerge da un report di Digital Europe, il contribuito digitale al PIL in Italia vale solo il 4%, meno della media europea (5%). Le aziende italiane più digitalizzate sono principalmente i grossi gruppi e multinazionali, che rappresentano, però, solo il 30% del totale. Il restante 70% è formato da PMI, per cui il lavoro è ancora lungo e per tale ragione siamo indietro rispetto agli altri paesi. Italia ai fanalini di coda (in Europa) per digitalizzazione Il grafico sottostante (grafico 1), frutto del report DESI (Digital Economy and Society Index) del 2018, ne è una prova. Tieni presente che i criteri di valutazione erano sostanzialmente 5, che riporto di seguito: 1 - Connettività 2 - Capitale umano/competenze digitali 3 - Uso dei servizi Internet da parte dei cittadini 4 - Integrazione della tecnologia digitale da parte delle imprese 5 - Servizi pubblici digitali L'Italia, come puoi notare, si è piazzata al 25esimo posto. Ha avuto un piccolo miglioramento rispetto agli anni precedenti (vedi copertura della banda larga e uso della fibra ottica), ma diversi criteri hanno persino avuto un peggioramento, che vederemo successivamente. Grafico 1. Fonte: Report DESI 2018 sulla digitalizzazione dell'economia e della società -https://ec.europa.eu/digital-single-market/desi Il problema principale, che impatta sul resto, è riconducibile alle competenze digitali degli italiani, che rispetto al report precedente retrocedono dal 24esimo al 25esimo posto: 69% gli utenti internet contro l’81% Ue, in calo con appena il 2,6% di specialisti delle nuove tecnologie e il 13,5% di laureati nel settore scientifico. “L’Italia”, ha specificato il rapporto Ue, “manca ancora di una strategia globale dedicata alle competenze digitali”. (Fonte DESI). Come darle torto. Lo si può notare dal grafico sottostante (grafico 2). Tutti i criteri sono al di sotto delle media europea e vanno ad impattare sulla situazione generale del Belpaese: dal singolo cittadino alle aziende. Grafico 2. Fonte: Report DESI 2018 sulla digitalizzazione dell'economia e della società -https://ec.europa.eu/digital-single-market/desi Ancora più allarmante è l'utilizzo di servizi online e digitali, in cui non si è assistito ad alcun progresso. L'Italia, in questa specifica tabella (grafico 3) è penultima: in calo i lettori di giornali online (ormai ultimi in Europa), bene su musica, video e giochi (14esima), e fanalino di coda, anche se in leggero aumento, su shopping online (salito al 44%), servizi bancari (43%) e videochiamate (39%) e social network (61%). Per quanto riguarda la lettura delle notizie online, siamo ultimi in Europa. L’Italia è infatti 28/a su 28 nel 2018 per la percentuale di persone che utilizza Internet per informarsi, che segna un ulteriore crollo dalla 26/a posizione del 2017. Solo il 56% degli italiani consulta siti di informazione sul web, contro il 60% del report precedente, ben al di sotto della media Ue che è al 72%. Grafico 3. Fonte: Report DESI 2018 sulla digitalizzazione dell'economia e della società -https://ec.europa.eu/digital-single-market/desi Questa è certamente un'occasione ghiotta per l'Italia, ma anche per tutti noi, per aumentare le competenze digitali e per rendere più snelle tutte le operazioni della P.A., degli uffici, delle scuole, delle aziende, ma anche per risolvere semplici necessità quotidiane. La crescita digitale - intesa come elasticità mentale all'utilizzo di alcune tecnologie - che avremo in questi mesi, probabilmente, in una situazione normale avrebbe necessitato 5, se non addirittura 10 anni. Ma noi italiani siamo così: restii al cambiamento, tradizionalisti e complicati. Ci piace rendere tutto difficile, perché il nostro DNA non prevede capacità naturali come l'organizzazione e la pianificazione, al contrario dei tedeschi e di altre culture. Ma una volta che comprendiamo qualcosa, da formidabili creativi, diventiamo i più bravi al mondo. Persone, professionisti e aziende si devono, per forza di cose, adattare. Mai come oggi, servono e competenze e agilità. Siamo alla resa dei conti: innovare o morire. Non è mai troppo tardi per capirlo. Cosa vuoi fare adesso? Leggere l'articolo "Innovare o morire". Leggere l'ultima recensione "Ballando con l'Apocalisse" di Andrea Fontana. Curioso per natura, sportivo dalla nascita e testardo per origini. Leggo per crescere e per esplorare nuovi mondi. Amo il marketing, la vendita, il calcio e i viaggi. Adoro i Simpson e sono un divoratore di serie tv. Odio il piccante, la 'nduja, la cipolla e l'aglio. E per questo mi definiscono un calabrese atipico. |