E’ meglio comunicare e contribuire al cambiamento (di valore) anche solo per alcune persone, magari perseverando e armandosi di pazienza, o è più corretto fare la gara a chi ha più follower facendo qualcosa di assolutamente inutile, ma “acchiappa click” pur di avere un po’ di fama illusoria? "In the future everyone will be world-famous for 15 minutes", diceva Andy Warhol nel lontano 1968. Questa frase è incredibilmente attuale, non credi? E’ di questo che vorrei parlarti oggi. Mettiti comodo perché è un articolo lungo, e se non hai pazienza o tempo, puoi leggerlo in un altro momento o magari se non hai voglia puoi anche non farlo :) Siamo nel pieno dell’epoca del “tutto e subito”. Ci stanno abituando così, e sarà sempre peggio per le nuove generazioni, ad accedere a milioni di informazioni con un click, ad acquistare qualsiasi cosa su Amazon in 10 secondi e riceverla dopo 24 ore e a scoprire il mondo seduti comodamente a casa. Ma queste peculiarità per certi versi possono rappresentare vari risvolti positivi: abbiamo accesso alla conoscenza a costo zero, grazie a Google (anche se bisogna “pesare” le fonti) ed è più facile prelevare informazioni che un tempo erano più elaborate e dispendiose in termini di tempo (vedi mappe geografiche, ricerca negozi, prodotti ecc.). Il risvolto negativo è che, allo stato attuale, è terribilmente facile trovarsi sulla cresta dell’onda anche solo per poco tempo, pur non avendo nessuna capacità e nulla di intelligente da comunicare. “Interagite con la cultura, siate coerenti e pazienti”. Seth Godin (da libro “Questo è il marketing”). Ha dannatamente ragione lui, al contrario di quello che si è letto sul web nelle ultime settimane. Vedremo più avanti il perché lo cito, intanto continua a leggere. Come i social ci hanno cambiati (in peggio) Facebook, l'artefice dei social, ha indubbiamente contribuito nel bene o nel male a modificare alcuni atteggiamenti, ha cambiato la modalità di concepire le relazioni e di accedere alle informazioni e alle notizie quotidiane. Non si può dire che non sia una potentissima piattaforma con infinite potenzialità, il cui uso è soggettivo. Si è liberi di parlare di politica, di calcio, di gattini, di cibo e via dicendo. Un palcoscenico senza filtri (a parte tutto ciò che è illegale) in cui tutti possono dire o postare quello che credono. Gli “haters” e i commentatori ossessivo-compulsivi vanno per la maggiore, come le tre scimmiette qui sotto, che amo molto. I social sono democratici e come all’interno di un teatro, il feedback è quasi istantaneo: una platea di persone (la tua cerchia di amici) che può giudicare ciò che hai postato, positivamente o negativamente, aggiungere una faccina, o in molti casi un post può anche non essere considerato. Per inciso, la brutta notizia è che i contenuti di qualità spesso sono quelli che ricevono meno interazioni. La foto di un gattino farà più “like” di qualsiasi altra cosa. Sai qual è il post che ha ricevuto più “like” (su Instagram) in assoluto nel 2019? Un uovo, ben 53 milioni di “mi piace”. Eccola qui sotto. Per fortuna rappresentava una geniale trovata pubblicitaria del Mental Health America, per sensibilizzare ad una campagna a sostegno di persone affette da disturbi mentali. In questo caso viva l’uovo! Siamo portati ad ascoltare “persone come noi” (a tutto c'è un limite) Negli anni si è evoluto anche il modo di fruire il social e ne sono nati altri. E’ arrivato Instagram, Zuckerberg ci ha visto lungo e lo ha acquisito nel 2012 per 1 miliardo di dollari, dopo due anni infatti ne valeva già 35 miliardi. L’allievo supera il maestro: Instagram supera Facebook in quanto ha una capacità di interazioni e di media del tempo trascorso nettamente superiori, che aumenta ogni anno dell’80%. Il 20% di chi vede le storie, le commenta (dati Hootsuite e Wearesocial). Il merito è della Generazione Z (nati dal 1997 al 2010), come si può evincere dall’immagine qui sotto, più propensi all’autenticità e ad ascoltare persone comuni. Le possibilità di crescita futura sia in termini economici che di engagement di questo social sono esponenziali. Soprattutto se consideriamo le caratteristiche della generazione Alpha (nati dopo il 2010). Fonte foto: businessinsider.com. Differenza tra Millennials e Generazione Z Per un'azienda, un marketer, o semplicemente una persona che vuole molto cinicamente "fare numeri" e spesso anche soldi, è il posto ideale. Ma la provocazione è: si tratta di contenuto di valore o di contenitore? Beh, dipende. E' innegabile che l’influencer marketing, attraverso Instragram, sia uno strumento di pubblicità potentissimo e sempre più impattante e remunerativo, destinato ad aumentare dismisura ogni anno. Che siano nano-influencer (1000 fan), micro influencer (1000 a 100.000 fan) o macro influencer (100.000 a 1 milione di fan) poco importa e dipende dal budget, ma oggi, rappresentano il miglior investimento che un’azienda possa fare per lanciare un prodotto o un servizio. La capacità di influenzare, per le nuove generazioni, parte dal basso da “persone come noi”. Volenti o nolenti è il futuro. Queste persone hanno saputo creare un gruppo di fan e vengono pagati per comunicare consigliando loro cosa comprare, grazie al contributo delle aziende. Pensa che è nato un social https://www.lovby.com che permette a tutti diventare “influencer”, taggando ristoranti o aziende su Instagram o Facebook ricevendo in cambio di buoni sconto, ricariche telefoniche e altre premi in base alla mole di post pubblicati. Sicuramente una bella idea, geniale. Ma un mondo di influencer di qualsiasi cosa, onestamente mi fa paura. Anche se già siamo pienamente dentro a questo tunnel. Il problema sostanziale è che molti influencer sono spesso privi di talento o di capacità e che dietro ci siano delle insicurezze celate da foto che risaltano la perfezione e stili di vita all’apparenza invidiabili. Questo è quello che intendo per "contenitore": il risvolto negativo. I famosi 15 minuti di Andy Warhol. Se provi a chiedere loro: "Cosa fai nella vita?", ti rispondono: "Faccio l'influencer, ho 10000 followers", magari il 90% sono stati anche comprati. Ma questa è un'altra storia. Del resto, ognuno è libero di trovare la propria dimensione in questo mondo e di scegliere di fare quello che ritiene più in linea con il proprio modo di essere. A patto che siano azioni realistiche e non costruite. Ogni social ha appunto le sue peculiarità (direzione e target) ma l’uso della piattaforma dipende SEMPRE dall’utilizzo dell’utente: i social non fanno le persone, sono le persone che fanno un social e quindi i contenuti. Ecco quelli che attualmente si dividono il mercato: - Facebook con più di 2.2 miliardi di utenti attivi al mese è il social di “massa” per eccellenza per un pubblico eterogeneo, la cui età si sta alzando gradualmente. Assieme a Google è il sito che genera maggiori introiti dalle ADV (fonte: The Four di Galloway) - Instagram, in fortissima crescita, è un social ricco di immagini e video e rappresentato da un target young addicted della piattaforma. Registra 1 miliardo di utenti attivi al mese e sono destinati a salire - Snapchat, ultimamente in crisi, è un social spiccatamente per Generazione Z (circa 300 milioni di utenti) che ha come peculiarità la scomparsa di foto e video entro 10 secondi e delle stories dopo 24 ore (pare che Instagram abbia preso spunto da loro) - Twitter è un agglomerato di news e tweet con delle regole ben precise, divenuto un po’ la piazza di sfogo dei politici e il passatempo di Donald Trump e Matteo Renzi. Registra circa 326 milioni di utenti attivi al mese - Linkedin, di proprietà di Microsoft, è l'unico social professionale, più “abbottonato” ed evoluto rispetto agli altri ed è principalmente legato a contenuti e tematiche lavorative. “Luogo” d’incontro ideale tra aziende e professionisti. Gli utenti attivi sono più di 560 milioni e vista l'unicità del social cresceranno in maniera costante Manca Youtube, che è considerato un social e registra ben 1,8 miliardi di utenti attivi al mese, ma ha un approccio completamente diverso. Quale preferisco e perchè non è rilevante. Vado al dunque (finalmente dirai) e capirai dove voglio arrivare. Il marketing secondo Seth Godin Sappi che ho trovato “Questo è il marketing” di Seth Godin, un libro illuminante, qualora non l’avessi letto l’ho recensito qui. Peccato che, qualche giorno dopo l’uscita in Italia, sul web ho letto opinioni discordanti dovute ai titoli fuorvianti di alcuni articoli, ma principalmente legati all’incapacità delle persone di andare a fondo alle cose (i social a mio parere hanno amplificato questo problema) e di giudicare un libro dalla copertina o peggio da un titolo. La trovo una cosa assurda. I siti lo hanno lanciato così: “I brand devono scendere dalla giostra dei social che non porta da nessuna parte e creare mercati di piccola scala”. I web marketer (o presunti tali) hanno, difatti, compreso tra le righe che i social non servono a nulla e il relativo investimento è inutile. In poche parole hanno difeso il loro mestiere, ci sta. Peccato che Godin non abbia detto questo. Chi, invece, ha letto il libro avrà compreso che quella frase ingannevole rappresenta un concetto ben più elaborato di un semplice titolo “acchiappa click”. Godin implora i marketer e chi si occupa o investe in campagne online, di rivedere la propria visione, il proprio scopo, definire un target ben preciso, di fare cultura, di avere lungimiranza prima di andare in cerca di click, riempiendo le tasche a colossi come Google e Facebook. “Le persone che cercano di far accadere il cambiamento sono spesso di fretta e la pubblicità sembra una scorciatoia. Tuttavia, senza perseveranza e concentrazione, l’investimento è sprecato”. La pubblicità è la strada più facile, basta investire qualche "spicciolo" al giorno per apparire nei contenuti sponsorizzati e arrivare a migliaia di persone. Ma ti chiedo: sono le TUE persone? Sono del parere che il contenuto di qualità coerente e costante vince, sempre, su tutto. “Content is the king”, dicono quelli bravi. Hai bisogno di fan, non di cliccatori e impression. Come ho già detto in un articolo di qualche mese fa: “Se ti rivolgi a tutti, non ti rivolgi a nessuno”. Preferisci il contenuto o il contenitore? Acquisti followers o costruisci relazioni e crei valore? La tua azienda investe in adv online o fa anche content marketing? Trova il tuo smallest viable market e rivolgiti a loro in maniera costante, non ti ricordi cos’è? Leggi la recensione. Vuoi scoprire cos’è davvero il marketing e contribuire al cambiamento di alcune persone e non sai come farlo? Compra subito il libro! Chi ha letto questo articolo ha consultato anche: Creare un naming unico: la storia di 10 aziende di successo “Per entrare nella mente delle persone, il tuo nome deve essere semplice, unico e pronunciabile”. Ogni mercato è una corsa a due cavalli "A lungo andare ogni mercato diventa una corsa a due cavalli”. Apple: i 7 motivi di un successo straordinario “E’ meglio essere primi nella mente che primi sul mercato”. |