Per avere successo, le aziende devono riflettere di meno sull'innovazione in generale, e di più sullo scopo delle loro attività d'innovazione. SCHEDA DEL LIBRO
A chi lo consiglio Marketer, amministratori delegati, imprenditori e brand manager. Cosa impari "Innovare davvero" è un libro che critica fortemente l'innovazione, quella più comune e superficiale, il cui termine è oramai abusato da aziende, persone e libri. Di contro, enfatizza l'approccio delle organizzazioni che creano realmente culture aziendali ad alto tasso innovativo. Fatte di immaginazione, idee, condivisione, rispetto e reciprocità. Alf Rehn con questo testo intende aprire gli occhi sull'importanza di fare innovazione profonda e implora a smettere di portare avanti quello che lui definisce "chiacchiericcio sull'innovazione", un modus operandi tipico di manager e aziende, ma anche di persone comuni. Il tipo di innovazione di cui parla l'autore è quello che realmente impatta sulle persone e risolve dei problemi rilevanti. Scoprirai che non serve essere una multinazionale per creare una cultura innovativa, anzi, le piccole-medie realtà hanno maggiore possibilità di costruire culture creative, basate su idee e rispetto. Perché come afferma Rehn: "Non c'è, e non c'è mai stata, un'organizzazione priva di idee". Descrizione e frasi salienti Personalmente sono attratto da questo tema e per tale ragione ho deciso di acquistare non il solito libro sull'innovazione, che parla di aziende - spesso le solite - che hanno rivoluzionato svariati settori. Per quanto possa essere sicuramente vero in alcuni casi, ho pensato fosse più indicato leggere un testo che critica l'approccio innovativo comune. Una lettura che parte da ciò che non è innovativo, per poi chiarire cosa realmente è riconducibile ad un'innovazione profonda, utile per le persone. L'approccio critico di Alf Rehn è prezioso, perché ci offre la sua personale visione, non propriamente morbida, ma basata su una solida esperienza, che permette al lettore di poter vedere la realtà con un altro occhio. Alf Rehn è uno dei più brillanti esperti al mondo in tema di creatività e innovazione. È docente di Innovation, Design e Management presso la University of Southern Denmark. Autore di diversi libri e nel 2016 Thinkers50 l’ha nominato uno dei pensatori più influenti in materia di innovazione. La visione dell'autore è molto chiara. Le problematiche sostanzialmente sono due: contesti aziendali in cui l'innovazione non prospera perché viene sistematicamente uccisa da uno scarso rispetto, da una "pigrizia" esasperata nel portare avanti le idee e da altre ragioni che vedremo dopo. La seconda, opposta, in cui molte aziende credono di fare innovazione, portano avanti progetti che in realtà sono banali e superficiali. In quest'ultimo caso Rehn parla di "teatrino dell'innovazione", il modo in cui si crea una sorta di emulazione reciproca di idee innovative, che di innovativo hanno ben poco. Le quattro R dell'innovazione profonda "Se volete più innovazione, date alle persone ciò di cui hanno bisogno per innovare". Secondo l'autore sono tante le motivazioni per cui molte aziende non innovano (oltre a quelle già citati precedentemente): perché non sono aperte alle idee, non incoraggiano i dipendenti a generarle o semplicemente non tollerano l'insuccesso e il pensiero di vedere fallire un progetto. Partendo da questo presupposto, ha sintetizzato quattro elementi che dal suo punto di vista sono le caratteristiche fondanti di un'azienda innovativa. Non si tratta solo di competenza tecniche o chissà quali strumenti, ma di valori: 1. Rispetto 2. Reciprocità 3. Responsabilità 4. Riflessione All'interno del libro vengono argomentati uno per uno ed emerge come anche solo la mancanza di uno di essi, è capace di bloccare in partenza il processo di innovazione. Ridare significato all'innovazione "Quando tutto, ma proprio tutto, si può chiamare innovazione, la parola ha sempre meno significato." Alf Rehn sostiene che ci sia una tendenza a iper-risolvere dei non-problemi e per tale ragione qualsiasi novità viene rappresentata come un'innovazione. Il risultato è la mancanza di uno scopo o di una motivazione profonda: un'innovazione non innovativa che non aggiunge nulla a quanto c'è già sul mercato. Un esempio, a dir poco eccezionale, è Kellogg's che voleva presentare un burro di arachidi come un'innovazione. Questo ci fa comprendere quanto siamo incredibilmente assuefatti da questo termine, a tal punto che non distinguiamo cosa è realmente significativo per la nostra vita. Quando smettere di fare innovazione "A volte la cosa più audace che può fare un'organizzazione è dire di no all'innovazione!" Ho particolarmente apprezzato questo capitolo perché l'autore sostiene che in molti casi lo stress nel voler per forza innovare, può avere un effetto opposto. Il fatto di mettere in pausa i processi innovativi, solo con lo scopo di poter renderli significativi in un secondo momento, può aiutare alcuni contesti a ragionare su cosa è realmente utile per la crescita aziendale. Da qui il pensiero dell'autore di dire "no" all'innovazione as usual, perché spesso è quella che logora i contesti aziendali e uccide le idee. Riassumendo, ecco alcuni insegnamenti che, a mio parere, emergono da questo libro: 1. Creare culture aziendali innovative significa aprire a nuove idee; 2. L'immaginazione vince su tutto; 3. Puntare sulla diversity; 4. Sperimentare ed apprendere sono due caratteristiche fondamentali; 5. Rispetto, reciprocità e responsabilità sono indispensabili; 6. Bisogna costruire contesti finalizzati allo sviluppo di talenti e idee; 7. Mettere a disposizione risorse e strumenti per agevolare l'innovazione. Adesso vuoi leggere altri libri di marketing o di business? Se hai 5 secondi lascia un feedback, bastano due CLICK e condividi la recensione! Segui le pagine Linkedin e Facebook per rimanere aggiornato. |
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