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Da product first a customer first: 7 step per il successo

11/4/2019

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Oggi voglio iniziare con una slide.

​Qualche settimana fa ho partecipato ad un congresso: European Health & Fitness Forum(EHFF). In qualsiasi tipo di eventi informativi e formativi, si può tornare a casa con degli spunti interessanti e con dei concetti che all’apparenza possono sembrare scontati, ma che nella pratica nessuno li applica e vengono messi nel dimenticatoio. 

Ho pensato, quindi, di farne un articolo valido per tutti i settori.Facciamo un salto nel passato e capiamo come è cambiata l’economia globale e il potere d’acquisto dei consumatori, come ha magnificamente esposto da Joseph Pine in un TED (te lo consiglio).
 
Gli albori del commercio, ma soprattutto della produzione sono nati per forza di cose dalla materie prime: per i più bravi, le commodities. Sostanzialmente i prodotti che venivano commercializzati, all’inizio barattati, rappresentavano il fulcro degli scambi commerciali tra paesi o addirittura semplici tribù. Poi via via tra paesi, città e poi Stati, agevolati dallo sviluppo del commercio marittimo.
 
La domanda del passato era molto semplice: soddisfare i bisogni primari delle persone attraverso materie le prime.
 
In seguito, in seguito alla rivoluzione industriale, si è passati alla creazione di prodotti al costo più basso possibile e nel modo più veloce, attraverso l’invenzione delle catene di montaggio. Con l’avanzamento della tecnologia ci siamo specializzati in migliaia di settori e sono nati nuovi bisogni. Da questo momento si sviluppa il concetto di distribuzione dei prodotti a largo consumo. Da prodotti necessari per bisogni primari si è, quindi, passati all’esigenza di bisogni secondari come auto, vestiti, prodotti di bellezza e tanti altri che rappresentano ancora status simbol, potere, prestigio e appartenenza ad un gruppo sociale.

La piramide di Maslow, che conoscerai benissimo, è la perfetta indicazione di questo processo che è mutato nel tempo.

Questa teoria è del 1954, infatti, dopo vedremo come i bisogni, in questo momento storico altamente tecnologico, possono essere anticipati, misurati e valutati dall’intelligenza artificiale. 
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I bene secondari sono quelli che subiscono mutamenti maggiori in base alle epoche, ai cambiamenti generazionali, alla tecnologia, alle culture e via dicendo.
 
Da prodotti che rappresentano bisogni secondari, si è poi passati a servizi personalizzati. Il know how di tanti anni, ha permesso alle aziende di poter pienamente soddisfare la domanda dei consumatori, creando prodotti e servizi ad hoc per diverse tipologie di persone. Il potere di acquisto è cambiato e da quel momento le persone sono parte attiva del processo produttivo.
 
Ma non bastava neanche questo, oggi i consumatori, anzi le persone, oltre a volere un prodotto unico, personalizzato, hanno bisogno di vivere un’esperienza.
 
Esperienza è provare qualcosa di diverso dal semplice acquisto al supermercato o al negozio. E’ vivere un processo di acquisto accompagnato da un’emozione, un evento, da un’azione attiva che faccia sentirci parte di un modello di pensiero.

Esperienza è anche facilitare e velocizzare un acquisto (vedi Amazon).
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Comunicare la propria identità attraverso un prodotto, una marca, un nuovo modello di occhiali piuttosto che il nuovo smartphone.
 
Trasmettere e comunicare passione è l’obiettivo che devo porsi i marketer delle aziende, perché quello che vogliono le persone. Ma devono tenere conto soprattutto di questi dati:
  • il 94% dei consumatori afferma che la comunicazione dei brand non è efficace (Fonte: Oracle – frictionless b2c)
  • 74% è il numero di consumatori disposti a cambiare brand se il processo di acquisto fosse troppo difficoltoso (Fonte: Salesforce)
  • il 51% dei consumatori afferma che dopo una esperienza negativa non vuole avere più nulla a che fare con un determinato brand (Fonte: newvoicemedia)
  • il 93% dei consumatori afferma che ricomprerebbe beni da un brand dopo aver vissuto un’esperienza “remarkable” (Fonte: HubSpot)
  • 77% è il numero di consumatori che condivide esperienze positive sui Social Media (Fonte: HubSpot)
 
Compriamo perché siamo appassionati di qualcosa, siamo fan di un’azienda e amiamo un prodotto a tal punto da raccontarlo alla nostra famiglia, ai nostri amici e non vediamo l’ora di postarlo sui social.
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“Il marketing inizia quando c’è qualcosa che vale la pena acquistare”, Seth Godin.
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Qualcosa di valore, oggi, è percepito come senso di appartenenza ad un prodotto, ad un’azienda, ad un modo di pensare più vicino possibile al nostro modo di essere. Non compriamo perchè qualcosa è veramente necessario (acquisti di importanza primaria a parte), ma perché vogliamo comunicare chi siamo, cosa ci piace e ci cosa ci caratterizza al mondo intero.
 
In sostanza, com’è cambiato il processo di vendita, di promozione e il potere di acquisto delle persone?
 
Si è passati da un’epoca in cui vendere e fare pubblicità (che non vuol dire fare marketing) era l’unica cosa che contava: bastava pubblicizzare il prodotto in TV con uno spot martellante, o nella cartellonistica stradale, nei giornali più importanti e automaticamente diventava familiare e veniva acquistato dalla massa. Investimento + visibilità = riuscita del prodotto.
 
In sostanza: pubblicità --> vendita --> clienti
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Dopo l’avvento di internet, degli smartphone, quindi dei social media, le aziende sono sempre più numerose, siamo sommersi da brand, pubblicità targhettizzate, mirate esclusivamente per noi. I colossi del web vendono cari i nostri dati pur di consigliarci il miglior prodotto per i nostri gusti. Mai come in questa fase, è possibile avere centinaia di informazioni su un’azienda, su un prodotto, leggerne le recensioni e convincersi se acquistare o meno.
 
La riuscita o meno di un prodotto è molto più democratica, parte dal basso, da noi consumatori che esprimiamo il nostro apprezzamento o dissenso e lo comunichiamo al mondo.
 
Secondo alcune ricerche di Nielsen, l’82% dei consumatori cerca le recensioni prima di acquistare.
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E’ tutto capovolto, siamo nell’epoca in cui il marketing viene ancora prima della vendita. Ma ancor prima del marketing al centro di tutto c’è il consumatore. L’intelligenza artificiale per le aziende è una fonte di informazioni preziose per capire cosa vuole la massa, a che prezzo e a che scopo.
 
Il processo è clienti --> marketing --> vendita.
 
Se prima bisognava lanciare l’amo per e capire quanti e quali pesci pescare, oggi, prima di farlo è fondamentale capire che tipo di esca vogliono mangiare i pesci. Le aziende non possono più permettersi di sbagliare.
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Certo è che il marketing senza la vendita non ha senso di esistere. Motivo per cui uno è sempre la conseguenza dell’altro.
 
Il marketing è sempre orientato alla vendita, è preparare il terreno e creare aspettativa, interesse, prima che il consumatore decida di procedere ad un acquisto.

Marketing non è vendere.
Marketing non è fuffa.

Marketing è raccontare il proprio prodotto tramite una storia.
Marketing è sapere creare un’identità e far immedesimare le persone.
Marketing è trasmettere emozioni e passione.
Marketing è rendere le persone entusiaste di averne il prodotto.
Marketing è coinvolgere e creare valore.
 
Oggi, chi non esegue strategie di marketing, e dietro questo termine c’è il branding, il posizionamento, le azioni operative e le relative analisi dei dati, non riesce ad emergere in un mondo così trafficato.
 
Ecco che concludo (dirai finalmente) con i 7 step per il successo, che apprezzo molto.
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